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giovedì 14 ottobre 2010

L'insostenibile pesantezza del debito

A CURA DI
Alberto Ronchetti - Sole 24 Ore


Il rimbalzo delle Borse avviato a inizio luglio – e proseguito, sia pure a zig zag – non deve distogliere l'attenzione dai grandi problemi che restano come macigni sulle possibilità di una crescita armonica dei mercati finanziari. A partire dal'enorme peso dei debiti pubblici che, esplosi a dismisura dopo i piani di salvataggio messi in atto da Governi occidentali nel 2008-2009, rischiano di essere un macigno sulla strada della ripresa congiunturale.
La questione del debito pubblico non è di poco conto, perché i Paesi occidentali potrebbero ritrovarsi in tempi brevi – secondo una ricerca di Man Investments – in una devastante crisi obbligazionaria, con effetti pesanti anche sull'equity e sulla tenuta dei sistemi creditizi e assicurativi. Oltretutto l'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle spese per il welfare sono destinate a peggiorare la situazione.
«Il mondo sta affrontando una situazione nuova: i Paesi sviluppati hanno un debito pubblico molto oneroso e rischiano di entrare in una fase prolungata di deflazione, mentre le nazioni emergenti registrano una crescita solida e intravedono i primi segnali di inflazione», dicono gli economisti del team di Ricerca e analisi di Man Investments. Fra l'altro «i provvedimenti di alleggerimento quantitativo adottati durante la crisi non hanno precedenti, quindi le prospettive appaiono estremamente incerte». Stiamo andando in una "terra di nessuno", dove i potenziali shock potrebbero essere molto pesanti e inaspettati.
Il debito pubblico delle economia avanzate, già molto alto prima della crisi, è stato aggravato da quest'ultima che quindi ha agito come un catalizzatore per portare alla luce «un problema che avrebbe dovuto già essere risolto da tempo».
Secondo Man Investments «alcuni Paesi europei devono affrontare un concreto processo di ristrutturazione del debito entro 12-24 mesi, altrimenti una "Eurozona light" ci sembra uno scenario piuttosto realistico per le nazioni periferiche dell'Unione. Se i problemi strutturali non saranno risolti nei prossimi 3-5 anni, non è da escludere una crisi obbligazionaria». Leggi articolo

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