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martedì 23 ottobre 2012

Imprese, vincono solo se piccole e se puntano sul made in Italy

Fonte: Il Panorama
Più che una provocazione è stato squarciato il velo su quanto era già noto agli addetti ali lavori. Per la Bce le imprese italiane sono a rischio insolvenza. Mentre per Mediobanca, come rilevato nella sua ultima indagine sull’attività di 2.023 imprese italiane (qui lo studio integrale ), a un imprenditore converrebbe più investire su un Btp che nella propria azienda.
Entrambe le affermazioni non hanno stupito molto Giuseppe Bortolussi, il segretario della Cgia di Mestre, l’associazione degli artigiani veneta che sforna ogni mese interessanti indagini sull’economia reale italiana. "Per la verità, non è nemmeno una sorpresa vedere che gli unici settori a reggere il confronto con i Btp sono quelli con un forte brand di made in Italy", spiega aPanorama.it.
Secondo Mediobanca nel 2011 in media un’impresa rende 1,5 punti in meno rispetto ai Btp. Ma le imprese con un forte brand legato al Made in Italy rendono 6 punti percentuali in più. Come mai?
Potremmo dire che l’Italia ha perso la tripla A, ma ne ha guadagnate quattro. Si tratta dell’Alimentare (compreso il vino), dell’Arredamento, dell’Abbigliamento e dell’Automazione. In una parola, è il made in Italy che è riuscito a imporsi su scala globale (i dati di Mediobanca, infatti, indicano un aumento del giro d’affari del 9,2%, grazie al balzo dell’export del 18,3%, ndr).
Dunque è decisivo il settore in cui si opera?
Non sempre: se guardiamo bene, scopriamo che oltre il 70% delle aziende operanti nelle "quattro A" sono medio – piccole e operano in mercati di nicchia. Probabilmente è anche la conferma che le dimensioni contenute non sono uno svantaggio ma anzi in alcuni settori specifici possono essere un’arma vincente nella competizione globale.
L’Italia che resiste non è quella dei colossi, ma solo quella delle piccole e medie imprese. È il trionfo del modello imprenditoriale veneto, non le pare?
Noi lo diciamo da almeno 25 anni e potrei rispolverare dall’archivio pile di studi scientifici in cui avevamo già dimostrato ciò che ieri ha ribadito l’indagine di Mediobanca, e cioè che la redditività nelle medio piccole è molto più alta nelle grandi, e quindi il capitale investito rende di più. E non solo. Le ultime statistiche di Bruxelles ci dicono che negli ultimi dieci anni il 58% dei nuovi posti di lavoro sono stati creati da realtà con un numero di dipendenti inferiore alle 10 unità. E l’occupazione è tutto, perché l’economia esiste per l’uomo, per creare posti di lavoro e non il contrario. Peccato che dopo questi ultimi risultati, i decisori domani si dimenticheranno tutto.
Lo dice con amarezza. Secondo lei, la politica, i sindacati, le associazioni di categoria e anche i media sbagliano a dare un peso eccessivo a vicende come quelle della Fiat, di Confindustria o al braccio di ferro sull’articolo 18?
L’Italia è diventato un grande carro trascinato da piccoli buoi, che però rischiano di morire asfissiati. Le piccole imprese sono sottorappresentate in ambito politico e sindacale e non hanno personaggi di rilievo in grado di imporsi e di sbattere i pugni sui tavoli che contano. Però, da sempre tutti dicono ai piccoli e medi imprenditori cosa devono fare. Ma le pmi il loro dovere già lo fanno. E lo fanno per giunta benissimo. Il problema è che operano in un Paese su cui gravano quei problemi che già tutti conosciamo.
Ricordiamoli...
Per una sentenza civile si aspetta in media dai 7 agli 11 anni, l’energia costa il 40% in più rispetto al resto dell’Europa, abbiamo la maglia nera nei ritardi dei pagamenti, per non parlare della pressione fiscale. Ma questi poi sarebbero problemi minori.
Qual è allora l’ostacolo principale che va rimosso per dare ancora più ossigeno alle eccellenze del made in Italy?
Il mantra che ripetiamo per le pmi italiane è la sottocapitalizzazione: senza fidi, le imprese rischiano di chiudere. Le tasse, in verità, non sarebbero un problema, ma senza credito non si pagano neppure quelle. Se uno ha il male a un ginocchio si cura, ma se smette di bere acqua muore nel giro di pochi giorni. Ecco, alle pmi sta cominciando a mancare l’acqua.

Economia florida e finanza in ripresa: ecco perchè il il franco svizzero torna ad essere un bene rifugio



Da: Il Sole 24 Ore

Dopo una raffica di record al rialzo, Il franco svizzero oggi ha finalmente lasciato spazio a un lieve rimbalzo dell'euro e del dollaro. Ma la valuta elvetica, ormai insieme all'oro tornata ad essere bene rifugio, resta molto  forte e le prospettive a breve secondo buona parte degli esperti rimangono quelle di una quotazione molto elevata.

Oggi l'euro è risalito a 1,16 franchi, dopo esser sceso ieri sino a 1,14, della moneta unica europea dal suo varo. Il dollaro a sua volta è attorno a 0,82 franchi, dopo esser rimasto schiacciato nei giorni scorsi attorno a 0,81. In Svizzera molti analisti cominciano a valutare la possibilità che nei prossimi mesi il rapporto con l'euro sia di 1 a 1 e che quello con il dollaro possa arrivare a 0,70. Sono ipotesi, ma è un fatto che le ragioni che hanno spinto in alto il franco sono ancora lì: buon andamento dell'economia elvetica, conti pubblici in ordine, ripresa della piazza bancaria e finanziaria. Considerando questi parametri e i timori legati alla crisi dei debiti pubblici in Europa e negli Usa, molti investitori puntano sul franco.

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domenica 21 ottobre 2012

Il paradosso dello yen: paese debole, valuta forte

Fonte: Il Sole 24 Ore



Il paradosso dello yen (Reuters)

 






 

Il paese è sotto minaccia di declassamento del suo debito sovrano da parte delle agenzie internazionali di rating. L'economia resta in recessione: tra breve sarà annunciato quello che tutti si attendono come il terzo trimestre consecutivo con il prodotto interno lordo di segno negativo. Il disavanzo pubblico, già enorme, almeno sul breve termine è destinato sicuramente ad aumentare.
La situazione politica è al collasso, con un premier già virtualmente dimissionario (si è impegnato a lasciare il posto al massimo entro poche settimane) e due maggioranze diverse e litigiose nei due rami del parlamento. La banca centrale ha lasciato intendere che procederà a un ulteriore allentamento della politica monetaria già ultraespansiva, a differenza praticamente di tutte le altre banche centrali del mondo. Si stenta a credere che, in un simile contesto, la valuta di questo paese non sia sottoposta a forti pressioni ribassiste. Al contrario, lo yen è tornato vicino ai massimi di tutti i tempi toccati quattro mesi fa nei confronti del dollaro a quota 76,25: da giorni flirta intorno al livello di 79. Sull'euro, invece, si è avvicinato alla soglia di 110 (qualche anno fa tocco' un minimo intorno a quota 169).
 

 

sabato 20 ottobre 2012

La benzina fatta con l'aria, la scoperta in Gb

Fonte: ANSA

Secondo l'azienda, si puo' ottenere carburante da CO2 e vapore acqueo

19 ottobre, 19:12

La benzina fatta con l'aria, la scoperta in GbLa benzina fatta con l'aria, la scoperta in Gb

L'azienda, che ha presentato il progetto (costato 'solo' 1,1 milioni di sterline) a Londra, nel convegno dell'Associazione britannica degli Ingegneri Meccanici, spera di poter costruire una versione commerciale della raffineria in grado di produrre una tonnellata di benzina al giorno entro 2 anni. "Sembra troppo bello per essere vero, ma è vero", ha commentato Tim Fox, capo del dipartimento energia dell'Institution of Mechanical Engineers di Londra. "Ci sono riusciti per davvero - ha aggiunto - e io ho visto il procedimento con i miei occhi". Il processo, se alimentato dalle rinnovabili, sarebbe a costo ambientale zero. Perplessità da parte degli esperti italiani. Secondo Paola Belardini, direttore dell'Istituto Motori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), "l'elaborazione della tecnica é chimicamente funzionante ed è concettualmente valida, ma che il processo sia efficace è da vedere". Ci sono molti studi analoghi in corso nel mondo, ha aggiunto, "ma bisogna capire se il bilancio energetico ha senso. Occorre inoltre vengano scritti dei lavori, che forniscano informazioni scientifiche con dei numeri e maggior dettagli".

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

sabato 11 febbraio 2012

Il mondo sulle spalle di Monti

Fonte: Fonte Presseurop
10 febbraio 2012
 
Time, 10 febbraio 2012
"Quest'uomo può salvare l'Europa?", si domanda Time a proposito di Mario Monti, definendolo "l'uomo più importante d'Europa". Secondo la rivista newyorchese il capo del governo italiano, in questi giorni in visita a Washington e New York, ha la responsabilità di evitare il crollo dell'eurozona e dell'economia mondiale risanando le finanze dell'Italia:
La missione di Monti interessa tutti, dai pezzi grossi di Wall street agli operai delle fabbriche cinesi, perché i problemi dell'Italia sono diventati i problemi del mondo. Monti deve risanare il suo paese per scongiurare un'altra crisi finanziaria globale […]. Anche se la crisi del debito europea va avanti da più di due anni, l'Italia [il cui debito pubblico supera il 120 per cento del pil], rappresenta la più grave minaccia alla sopravvivenza della moneta unica, perché è paradossalmente troppo grande per fallire e troppo grande per essere salvata […] Se Roma sarà dichiarata insolvente potrebbe mettere in moto una catena di eventi in grado di distruggere l'unione monetaria e mettere a repentaglio l'integrazione democratica europea che va avanti ormai da cinquant'anni.
Inoltre il successo di Monti è altrettanto fondamentale per l'economia globale. Le conseguenze di un default italiano – e ancora peggio, del collasso dell'euro – sono quasi inimmaginabili. L'Italia potrebbe innescare una crisi finanziaria ancora più distruttiva di quella scatenata nel 2008 dalla bancarotta della Lehman Brothers. L'ondata di panico colpirebbe i mercati finanziari in ogni angolo del pianeta, affondando banche ed economie al suo passaggio. Una recessione in Europa, abitata da centinaia di milioni di ricchi consumatori, potrebbe arrestare la ripresa statunitense e affossare i mercati emergenti. Già adesso, con la crescita europea che rallenta, le fabbriche cinesi stanno accusando il colpo. Ormai il destino di Mario Monti è intrinsecamente legato a quello della ripresa europea e mondiale

Le colpe dell'Europa (Presseurop)

Grecia

Le colpe dell’Europa

La Stampa
10 febbraio 2012
"Stringete ancora!" (Basler Zeitung)
"Stringete ancora!" (Basler Zeitung)
La réunion de l’Eurogroupe n'a pas La riunione dell’Eurogruppo non ha messo fine all’incubo del debito greco. L’inefficienza di Atene pesa, ma i messaggi contraddittori e la mancanza di una strategia chiara da parte dell’Ue ha contribuito a rendere la matassa inestricabile.
Con l’accordo politico di Atene e la riunione dell’eurogruppo, ieri hanno fatto un passo avanti le trattative attorno al debito della Grecia, ma la soluzione rimane sul filo del rasoio, come sempre da quando sono emersi i suoi guai. C’è la frusta della scadenza del 15 febbraio, dopo la quale, si dice, è inevitabile un default disordinato e pericoloso per tutta l’eurozona. Non sarà semplice mettere al sicuro per tempo gli impegni del governo sulle nuove misure di austerità, la procedura per l’erogazione degli aiuti europei e la ristrutturazione 'volontaria' del debito pubblico, che accolla una parte del riequilibrio ai creditori che hanno investito in titoli greci rischiosi e molto redditizi.
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