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sabato 30 ottobre 2010

The Biggest Mistake a Leader Can Make

Lecture - 23 Financial Evaluation of capital Decisions

CITAZIONI: Michail Alexandrovič Bakunin, fondatore anarchismo moderno

"La rivoluzione è sempre per tre quarti fantasia e per un quarto realtà."
«Dobbiamo prendere possesso della nostra epoca col nostro pensiero. Al pensatore e al poeta è dato d’anticipare il futuro e di edificare un nuovo mondo di libertà e di bellezza sulla dissoluzione putrida e caotica che ci circonda» (Bakunin, Annali franco-tedeschi, febbraio 1844)
 Bakuninfull.jpg
Michail Alexandrovič Bakunin (in russoМихаи́л Алекса́ндрович Баку́нин[?]Tver'30 maggio 1814 – Berna1 luglio 1876) è stato un rivoluzionario e filosofo russo, considerato uno dei padri fondatori dell'anarchismo moderno.[1] Autore di molti scritti, tra i quali Stato e anarchia e L'impero knouto-germanico.
Michail Alexandrovič Bakunin.  Fonti

venerdì 29 ottobre 2010

News - Una famiglia su 4 e’ indebitata

da Mia Economia
Immagine a corredo dell'articolo - Una famiglia su 4 e’ indebitata - miaeconomia.leonardo.it (27/10/2010)

La meta’ delle famiglie fa fatica a mantenere il proprio tenore di vita, tanto che una su quattro deve ricorrere a debiti o intaccare i soldi messi da parte. Il 37% degli italiani consuma, invece, tutto cio’ che guadagna e solo il 36% riesce a mettere da parte qualcosa. Un quadro che si aggrava di piu’ al Sud, dove la forbice territoriale vede solo il 30% delle famiglie risparmiare, contro il 45% delle famiglie del Nord-Est. Leggi intero articolo

lunedì 25 ottobre 2010

MARCHIONNE:"YES WE CAN"

In questi giorni, a seguito delle dichiarazioni rilasciate da Marchionne a " il tempo che fa" di Fazio, e' scoppiato un putiferio con dichiarazioni allarmate sia di destra:" Marchionne ha parlato piu' da canadese che italiano" di Fini, sia di sinistra: "non possiamo diventare cinesi", da parte del segretario del PD. Non parliamo poi delle dichiarazioni di Epifani, Antionio Di Pietro, Vendola e affini.
Dato che sia a destra che a sinistra sono cosi' uniti nell'attaccare Marchionne, ci fa pensare che, probabilmente ha detto il vero. Purtroppo i numeri sono dalla parte di Marchionne. Veniamo ai fatti:
- l'azienda e' in utile, ha un piano industriale che funziona, ha rivisto gli obiettivi al rialzo, il mercato lo premia;
- Marchionne e' stato chiamato da parte dell'amministrazione Obama per rimettere in sesto la Chrysler che era sull'orlo del baratro. Le stime di Chrysler sono anche loro al rialzo ,la previsione e' di arrivare ad un 35% del capitale da parte di Fiat entro il 2011 (Fiat potra' superare il 50% solo una volta restituito tutto il debito nei confronti dello stato americano)
- La richiesta di aumento di produttivita' con adeguamento dei salari reali al resto d'Europa ha un suo senso logico. Il fatto che neanche 1 euro di utile arriva dalle fabbriche italiane dovrebbe far riflettere.
La classe politica invece di difendersi dietro lo "status quo" dovrebbe provare a guardare oltre la linea del fronte. Sediamoci tutti intorno ad un tavolo, sindacati, lavoratori, politici, imprenditori e prepariamoci contro la grande guerra della competizione globale.

Platone 3000


domenica 24 ottobre 2010

Il gioco e' cambiato

22 ottobre 2010 Financial Times Londra
I nuovi Bismarck: Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Dmitri Medvedev al vertice di Deauville, il 18 ottobre.
I nuovi Bismarck: Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Dmitri Medvedev al vertice di Deauville, il 18 ottobre.
 

Al vertice sulla sicurezza di Deauville si è abbozzato un nuovo ordine geopolitico per l'Europa. All'espansione verso est Unione europea, affiancata dalla Nato, subentra un'Europa "trilaterale", che sostiene le ambizioni europee della Turchia e mantiene la Russia a bordo. Leggi intero articolo

sabato 23 ottobre 2010

Una direttiva Ue per ridurre a 30 giorni i pagamenti delle Pa alle imprese

Sole 24 Ore 
Il ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione ha i giorni contati. "E' in dirittura di arrivo una direttiva europea che fisserà a 30 giorni il termine massimo dei pagamenti della Pubblica amministrazione, pena la sanzione del 5% per ogni giorno di sforamento". L'annuncio arriva da Franco Bassanini, presidente della Cassa depositi e prestiti alla platea del convegno dell'Ance "Legalità e qualità: riedificare l'Italia". Le lungaggini burocratiche che pesano sulle spalle delle aziende e che vedono anche un'attesa di 600 giorni per vedere onorato il credito maturato nei confronti degli enti locali è un male antico al quale ora la Ue tenta di porre rimedio.

Ma che rischia di arrivare come un macigno sulle già provate casse dello Stato. Di qui l'ipotesi di andare a ricontrattare i termini del patto di stabilità che, ha aggiunto Bassanini, "oggi prevedono che i pagamenti delle Pa pesino su quel capitolo nel momento esatto in cui vengono effettuati". E che di fatto ha anche bloccato la proposta avanzata dalla stessa Cdp di riscattare i debiti della Pubblica amministrazione estinguendo i crediti delle aziende. "E' una strada che avevamo proposto ma che è stata bocciata perchè in conflitto con le regole comunitarie del patto ma che ora andrebbe riconsiderata con forza alla luce dell'arrivo della nuova direttiva: la Cassa potrebbe per un periodo limitato, di 2-3 anni, traghettare il nuovo sistema fino alla messa in regime".  
Leggi Intero Articolo




Ritardo pagamenti: costa alle imprese 10 miliardi di euro l’anno

assegni

Le fatture pagate in ritardo generano a carico delle imprese, soprattutto quelle piccole, ma anche a carico dei lavoratori autonomi, un incremento di costi annuo stimabile nel nostro Paese in ben 10 miliardi di euro. A rilevarlo è la CGIA di Mestre, la quale sottolinea come questi costi siano imputabili sia a quelli del personale adibito ai solleciti ed al recupero dei crediti, sia al fatto che molto spesso l’impresa è costretta a richiedere denaro alla banche, con il pagamento degli interessi che ne consegue, a causa proprio dei ritardi nei pagamenti che non riguardano solo il rapporto tra imprese, ma anche quello tra le imprese e la pubblica amministrazione. Ma per fortuna, come sottolineato dal segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, è in dirittura d’arrivo, per la fine del prossimo mese, l’approvazione di una direttiva UE che, pena l’applicazione di un interesse del 5% sull’importo della fattura, imporrà agli Enti pubblici il saldo delle fatture entro e non oltre i 30 giorni dalla data di emissione (da Finanza Live)

Fiat corre in Borsa, ecco i motivi

 Immagine a corredo dell'articolo - Fiat corre in Borsa, ecco i motivi - miaeconomia.leonardo.it (22/10/2010) Da MiaEconomia

Fiat continua a correre in Borsa. Ieri il titolo ha messo a segno un rialzo attorno al 4%, superando quota 12 euro, di riflesso ai conti trimestrali superiori alle attese. Nel terzo trimestre i ricavi sono cresciuti del 12% a 13,5 miliardi e l’utile di gestione e’ quasi raddoppiato passando da 308 a 586 milioni di euro. Conti che permettono di alzare gli obiettivi per il 2010. Leggi intero articolo

La Bce è una banca tossica?

29 settembre 2010 Focus Monaco
Focus, 29 settembre 2010
"Quest'uomo sta mettendo in pericolo i vostri soldi", titola Focus. "Quest'uomo" è il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet. Secondo il settimanale tedesco la bomba dei tassi di interesse è sul punto di esplodere di nuovo, perché le banche centrali stanno impedendo il rialzo dei tassi d'interesse. Focus si chiede se la Bce non rischi di trasformarsi in una "banca tossica", dato che al momento propone crediti a buon mercato, investe sui titoli di stato di paesi fortemente indebitati e aiuta le banche private in difficoltà. Trichet dovrebbe "cominciare a recuperare il denaro distribuito durante la crisi aumentando i tassi d'interesse".

OkNotizie

Il fatto del giorno - Se la Bce si disinteressa della crescita

Da Mia Economia

Se la Bce si disinteressa della crescita

Immagine a corredo dell'articolo - Se la Bce si disinteressa della crescita - miaeconomia.leonardo.it (22/10/2010)

Le piu’ importanti Banche Centrali stanno correndo ai ripari cercando di evitare che la ripresa si arresti e le economie dei loro paesi entrino in deflazione. Cosi’ di recente la Banca Centrale del Giappone ha abbassato ulteriormente i tassi portandoli quasi a zero, la Fed sta per dare il via alla seconda fase del quantitative easing, ovvero il riacquisto di asset obbligazionari governativi e con sottostante i mutui, per immettere ulteriore liquidita’ sul mercato. La Banca della Cina invece ha il problema opposto, deve frenare la corsa dell’economia e raffreddare una ripresa che rischia di sfuggirgli di mano, cosi’ alza il tasso di rifinanziamento bancario dello 0,25% mandando in fibrillazione le Borse di mezzo mondo. Cina e Usa sono banche centrali con strategie opposte ma con un unico intento, intervenire attivamente sulla struttura della crescita economica, da una parte per sostenerla e dall’altra per raffreddarla.  Leggi Intero Articolo

venerdì 22 ottobre 2010

How to Restore the American Dream




Time
How to Restore the American Dream

The American dream for me, growing up in India in the 1970s, looked something like the opening credits of Dallas. The blockbuster TV series began with a kaleidoscope of big, brassy, sexy images — tracts of open land, shiny skyscrapers, fancy cars, cowboy businessmen and the very dreamy Victoria Principal. We watched bootlegged copies of the show, passed around on old Betamax cassettes. America (certainly the CBS soap-opera version of America) seemed dazzling and larger than life, especially set against the stagnant backdrop of India in the 1970s. Everyone I knew was fascinated by the U.S., whether they admitted it or not. Politicians who denounced the country by day would go home in the evenings and plot to send their kids to college in "the States."

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Sorpresa. Il salvataggio delle banche Usa rende al governo di Washington più dei titoli di stato

Il Sole 24 ore
Salvare banche, assicurazioni o gruppi automobilistici può rendere al contribuente americano più dell'investimento in titoli di stato. Almeno questo è quanto salta fuori da un calcolo realizzato da Bloomberg, che ha analizzato il guadagno del governo di Washington sui 309 miliardi di dollari stanziati nel Troubled Asset Relief Program (Tarp). Ebbene, fino ad oggi nelle tasche dei tax payer Usa sono tornati indietro 25,2 miliardi di dollari, cioè un rendimento, nei due anni del programma, dell'8,15 per cento. Se Mr e Mrs Smith mettessero i loro pochi dollari rimasti sul Treasury decennale avrebbero uno yield attorno al 4 per cento. Leggi intero articolo

Bernanke: "Rischio di deflazione, siamo pronti a nuovi interventi

Repubblica

La crescita economica statunitense è meno forte di quanto atteso. Alta disoccupazione e bassa inflazione indicano la necessità di un ulteriore allentamento della politica monetaria, ma si stanno ancora valutando gli strumenti
WASHINGTON - La crescita economica statunitense è meno forte di quanto atteso a causa di un rallentamento della ripresa. L'econonomia dovrebbe migliorare nel 2011, ma in caso di necessità la Federal Reserve è pronta a fornire più supporti. Leggi intero articolo

Lo strano caso dei "mutui fantasma" che minacciano le banche americane

Il Sole 24 Ore

Sei mutui su dieci negli Stati Uniti sono a rischio. Non si tratta, però, del rischio di insolvenza, tipico in materia di prestiti ipotecari. Ma del rischio, tutto per le banche, che i mutuatari possano smettere di rimborsare il mutuo da un giorno all'altro senza che gli istituti di credito abbiano qualcosa a pretendere. Oppure possano vendere l'immobile senza addossare al nuovo compratore l'ipoteca iniziale. Questo perché c'è il sospetto che il sistema utilizzato per la registrazione dei mutui (e per le relative cartolarizzazioni) possa trasformarsi in un castello di sabbia. Leggi intero articolo

martedì 19 ottobre 2010

Il fatto del giorno - Quando la cassa supera il valore di Borsa

 Miaeconomia


Quando la cassa supera il valore di Borsa

Immagine a corredo dell'articolo - Quando la cassa supera il valore di Borsa - miaeconomia.leonardo.it (20/10/2010)

Se in un mercatino trovaste una borsa vecchia e malconcia di scarsissimo valore e il venditore vi chiedesse 100 euro per cedervela, vi mettereste a ridere. Ma se vi accorgeste che dentro quella borsa ci sono, nascoste in un comparto celato, mazzette di banconote per un valore di 5mila o 10mila euro, vi precipitereste a comprarla.  
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Britain scales back military as budget cuts bite

Main Image
A pair of Royal Air Force Tornado jet prepare to take off from RAF Lossiemouth base in Moray, northern Scotland October 19, 2010.
Credit: Reuters/David Moir
LONDON | Tue Oct 19, 2010 7:40pm BST
(Reuters) - Britain will delay renewing its nuclear deterrent and cut back its army, navy and air force, the government said on Tuesday, but the scale of the reductions was far smaller than of those facing other government departments.Leggi intero articolo

Goldman cuts bankers’ pay pool

Goldman Sachs sharply reduced its bankers’ pay pool in the third quarter, bringing the amount of revenues it earmarks for employees to a record low, as a slowdown in trading hit profits» Full Story on Financial Times, FT.com

News - La Cina e i ricorsi storici

News - La Cina e i ricorsi storici


La Cina e i ricorsi storici

Immagine a corredo dell'articolo - La Cina e i ricorsi storici - miaeconomia.leonardo.it (19/10/2010)

Corsi e ricorsi. I partiti nazionalisti giapponesi ripetono spesso che a meta' Anni 80 gli Stati Uniti organizzarono una serie di mosse di politica monetaria che fecero rivalutare lo yen, spingendo il Giappone a decenni di stagnazione. Oggi la stessa identica teoria anima la resistenza cinese a qualsiasi rivalutazione del suo renminbi, trovando una giustificazione facile per rifiutare qualsiasi novita' su una valuta, quella cinese, tenuta debole in modo artificiale. Leggi intero articolo

Il fatto del giorno - La salita dell’Euribor spinge l’euro

Il fatto del giorno - La salita dell’Euribor spinge l’euro

domenica 17 ottobre 2010

Cassa Integrazione, periodo gennaio- settembre: aumentata del 50,5% rispetto al 2009







Corriere.it

Nei primi 9 mesi riduzione del reddito di oltre 3,5 miliardi, più di 5.500 euro per ogni singolo lavoratore




(Ansa)
(Ansa)
ROMA 
- A settembre risultano essere oltre 640mila i lavoratori in cassa integrazione e questo, nei primi nove mesi dell'anno, ha comportato una riduzione del reddito di oltre 3,5 miliardi di euro, più di 5.500 euro per ogni singolo lavoratore. A tirare le somme è l'Osservatorio Cig della Cgil naziona le che nel rapporto di settembre mette in risalto come continui «ad essere ancora molto elevato il numero di lavoratori coinvolti nei processi di cassa integrazione e, di conseguenza, i riflessi in negativo di questo stato sui loro salari».
AUMENTO DEL 34,8% RISPETTO A MESE PRECEDENTE - Dall'analisi della Cgil il ricorso alle ore di Cassa integrazione a settembre segna un aumento del +34,8% rispetto al mese precedente, per un totale di ore pari a 103.228.193. Secondo l'Osservatorio la crescita registrata a settembre su agosto «è minore se rapportata a quanto è avvenuto negli anni passati: la particolarità non dipende da una crescita più contenuta nella richiesta della Cig ma dal fatto che, in modo crescente, in questi ultimi tre anni si è stabilizzato in negativo uno zoccolo di Cassa integrazione sempre più alto, fino ad attestarsi nell'anno in corso intorno ai 100 milioni di ore mese».
E DEL 50,5% RISPETTO AL 2008 - Nel periodo gennaio-settembre l'aumento delle ore di cig è comunque stato del 50,5% rispetto allo stesso periodo del 2009, a quota 925,6 milioni di ore autorizzate. La cassa integrazione in deroga, anche se segna un calo dell' 8,9% rispetto al mese precedente, registra un incremento molto forte nei primi nove mesi dell'anno (+344%). In quasi tutti i settori produttivi la percentuale di aumento della cassa in deroga è oltre il 300%, con una punta del 1.532% nell'Edilizia. «Da questo mese è evidente una novità rappresentata da un aumento consistente soprattutto nei settori direttamente produttivi - afferma Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil - occorre verificare in che misura può essere il risultato di un allargamento ulteriore delle difficoltà produttive del settore manifatturiero o se è il risultato per molti lavoratori del passaggio dalla Cigs alla Cigd». Motivi per i quali Scudiere rilancia l'allarme sulla cassa in deroga. «Il continuo e consistente aumento della Cassa in deroga sta andando ben oltre il peso registrato nel 2009 - rileva - per questo si rende necessario e urgente un intervento del governo per rifinanziare uno strumento prima della scadenza di fine anno».COME SI ARRIVA ALLA CIG - La Cgil analizza anche le modalità che hanno spinto le imprese alla Cig. Aumentano del 173% nei primi 9 mesi dell'anno le «crisi aziendali», che rappresentano il 72,9% totale dei decreti . Significative restano le domande di ricorso al fallimento (+99%), ma anche quelle di concordato preventivo (+121%) e di amministrazione straordinaria (+100%). Crescono poi i contratti di solidarietà (77,3%) che rappresentano il 13,2% totale dei decreti. Scarse invece le richieste per ristrutturazione o per conversione aziendale. (Fonte Ansa)

Valdo Vaccaro: UN IMPERO A RISCHIO DI BANCAROTTA

15 Ottobre 2010 

UN IMPERO A RISCHIO DI BANCAROTTA ( dal Blog di Valdo Vaccaro)



Un importante articolo del professor Tish sull’America odierna

Lawrence A. Tish, professore di storia ad Harvard e autore di The ascent of money (l’ascesa della moneta), ha scritto pure un importante articolo su Newsweek del 7 dicembre 09. Un articolo che non piacerà di sicuro a Ben Bernake, presidente della Federal Reserve (succeduto a Greenspan), e tantomeno piacerà a Paul Krugman, preso pesantemente di mira. Non piacerà cioè ai due pilastri americani del pompaggio di denaro facile e abbondante nella stitica economia americana.
I giochi non si fanno a Roma ma oltre l’Atlantico
Un pezzo davvero formidabile per comprendere in sintesi i dubbi, le prospettive, il futuro dell’America, ed anche quello del mondo intero. Non solo dal punto di vista strettamente economico e finanziario, ma pure da quello etico, ambientalistico e salutistico.
E’ per questo che ho deciso di tradurlo, di sintetizzarlo ed interpretarlo, facendo attenzione a non modificare di una virgola e a non travisare in alcun modo il pensiero dell’autore.
E’ fondamentale per noi italiani capire cosa succede al di là dell’Atlantico, e fare un po’ i conti in tasca a chi ci sta manovrando a bacchetta.
Uno spaccato chiaro e dolente sull’economia americana 
Lo scopo di Tish è di presentare uno spaccato ecnonomico-finanziario-politico-strategico sulla situazione del’America di oggi, qualcosa che nemmeno rovistando tra le carte segrete della CIA si riuscirebbe a capire meglio. Chi ha poca pratica di cose economiche potrebbe trovarlo a tratti difficile, complicato, cervellotico e noioso. Ma, nell’assieme, l’articolo racconta fatti interessanti e comprensibili anche per chi non bazzica l’economia.
Un invito alla prudenza e alla morigeratezza, ricordando Franklin
Tish se la prende giustamente coi keynesiani di oggi, pronti a spendere di più e a indebitarsi di più senza limiti, pur di far marciare l’economia americana, in linea poi con quanto usava dire con prudenza e saggezza il grande Benjamin Franklin (He that goes a-borrowing goes a-sorrowing, ovvero chi va avanti a prestiti va avanti a disgrazie).
Una dura polemica coi keynesiani spendaccioni dell’amministrazione Obama
Aggiungo che l’articolo di Tish rappresenta evidentemente le vedute contrapposte a quelle adottate dalla presente amministrazione e quelle del presidente della Federal Reserve, Ben Bernake, che la rivista Time ha nominato Person of the Year, proprio per il ruolo fondamentale e strategico che Bernake ha giocato al culmine della crisi finanziaria del 2009.
E’ presto per dire chi ha torto e chi ragione in questa diatriba tra keynesiani e non-keynesiani.
Per capire la geologia studia i terremoti, per capire l’economia studia le depressioni
Lo stesso Bernake riconosce come la Federal Reserve stia subendo una notevole pressione da parte della politica. E ammette che, prender cura del sistema bancario e finanziario con visuale di lungo periodo comporti spesso azioni drastiche e impopolari, che ti rendono pure antipatico e odioso agli occhi della gente. Una delle massime di Bernake è la seguente: Per capire la geologia studia i terremoti, per capire l’economia studia le depressioni economiche.
Islanda, Irlanda e Inghilterra, guardate dall’aereo
Se voli sull’Atlantico di oggi, in un giorno sereno e senza nuvole, puoi renderti conto geograficamente di cosa significhi crisi finanziaria a diversi livelli. 
Da una parte la minuscola e insignificante Islanda, e un po’ più a Sud appare la modesta e blanda Irlanda, con a fianco la già più consistente isola britannica.
Crisi economiche, crisi bancarie e crisi fiscali, subite in modi assai diversi
Tutte terre ben delineate e di gran lunga inferiori dimensionalmente alla vasta realtà americana.
In queste quattro realtà economiche la crisi economica ha colpito con la medesima forza, sostanziandosi in una massiccia crisi bancaria, seguita da una massiccia crisi fiscale, con governi pronti a intervenire mediante provvedimenti di modifica e di sanatoria, operando forti interferenze sul mercato finanziario privato.
Sono le cifre dell’America a condizionare la realtà mondiale
Ma le dimensioni contano molto, e rendono tali crisi superabili o disastranti a seconda del paese.
Le perdite derivate da questo crack sono infatti molto più gravi per i paesi piccoli, visto che essi non hanno le spalle protette da un PNL (prodotto nazionale lordo) enorme e malleabile come quello americano. Le cifre americane della crisi sono molto più appariscenti, dal punto di vista numerico.
E poi, francamente, chi se ne frega se Islanda e Irlanda parlano di collasso fiscale. 
A soffrire di tali disgrazie saranno gli isolani di quei due paesetti marginali, mentre il mondo andrà avanti come sempre per conto suo.
L’egemonia economica non può prescindere da quella militare
Se però a soccombere alla crisi fiscale fossero gli USA, come un crescente numero di esperti teme, allora l’intero equilibrio del potere economico globale potrebbe cambiare in modo drammatico.
Chiama gli USA come vuoi, superpotenza, egemone o impero ma, in ogni caso, la sua abilità di gestire al meglio le sue finanze è strettamente legata alla sua capacità di restare al potere come potenza militare globale.
L’insegnamento di Keynes
John Maynard Keynes (1883-1946), teorico dell’intervento correttivo statale e dell’inflazione controllata, non esitò a spingere le contee e le municipalità americane a inventare anche lavori inutili e ridicoli durante la crisi del ’29, tipo far scavare delle buche lungo la strada a una squadra di operai, e farle semplicemente ricoprire di terra da quelli del turno successivo. 
Far lavorare la gente insomma, giusto per tenerla impegnata e dargli una paga di sussistenza.
I keynesiani cantano vittoria con troppo anticipo
I discepoli odierni di Keynes sostengono che l’aumento del debito federale di circa un terzo, attuato dalla presete amministrazione, è stato indispensabile per evitare una seconda grande depressione tipo quella del ’29. 
Può anche essere che 1 US$ di spesa governativa si trasformi in domanda aggregata ben più vasta, in una specie di moltiplicazione biblica dei pani e dei pesci. Ma la critica sta dicendo che i benefici degli stimoli fiscali sono stati sopravvalutati e che il magico moltiplicatore è trivialmente piccolo ed insignificante.
Le prime cifre parlano di crescita sostanzialmente più bassa del previsto
Diamo pure credito ai fautori dell’intervento statale. Le cifre positive di crescita USA del terzo quadrimestre 2009 sarebero state di sicuro più basse senza la spesa governativa.
Una quota tra la la metà e i due terzi della crescita USA nel PNL è attribuibile ai piani statali di supporto al credito, e di sussidio agli acquirenti di una prima casa.
Ma siamo tuttora ben lontani da un recupero autosostenibile. 
Le cifre del terzo quadrimestre, che parlavano di una crescita del 3,5% sono appena state ritoccate verso il basso al 2,8%. E questo non sorprende nessuno.
Lo stimolo governativo risulta in ogni caso lontano dal deficit che intende coprire
E’ noto che, per rendere operativo uno stimolo, serve un contemporaneo cambio radicale nella politica creditizia da parte del settore pubblico.
Dal momento che il governo federale stava già operando in deficit, e dal momento che i singoli stati stanno già aumentando le tasse e tagliando le spese, la misura reale dello stimolo è vicina al 4% del PNL. Un 4% che, suddiviso nel triennio 2007-2010, risulta ben lontano dall’attuale deficit americano dell’11,2%.
Trattasi del più grosso deficit mai visto negli ultimi 60 anni.
Di molto superiore alla situazione bellica del 1942.
Andiamo pure ad analizzare il costo di questo mutato stimolo.
Il deficit per l’anno fiscle 2009 risulta essere superiore a 1,4 trilioni di US$, circa l’11% del PNL, secondo il CBO (Congressional Budget Office).
Parliamo del più grosso deficit mai visto negli ultimi 60 anni di storia americana, più grave persino del deficit del 1942 che era un anno di enorme finanziamento bellico.
Un deficit di guerra in tempo di pace, insomma.
Non è il caso di paragonare Iraq e Afghanistan alla Seconda Guerra Mondiale
D’accordo che abbiamo l’Iraq e l’Afghanistan, con significativa presenza di truppe in quelle regioni, ma parliamo di conflitti regionali, non certo paragonabili a una guerra mondiale. 
Conflitti regionali che hanno dato, tutto sommato, un modesto contributo alla presente tempesta fiscale americana, assorbendo l’1,8% del PNL, volendo prendere per buone le stime cumulative pubblicate dall’economista Joseph Stiglitz nel febbraio 2008.
Cifre in aumento peggiorativo
E, nota bene, quei 1,4 trilioni di dollari sono solo una cifra iniziale di partenza.
Secondo le recenti proiezioni del CBO, il deficit federale declinerà dall’11,2% del PNL di quest’anno (2009) al 9,6% del 2010, al 6,1% del 2011, e al 3,7% del 2012, continuando a stare sopra il 3% negli anni a seguire. 
E tutto questo riguarda il deficit di bilancio, ovvero la differenza tra uscite ed entrate statali.
Non si vede fine all’indebiotamento statale americano
Va segnalato però che, nel frattempo, il debito totale assunto dalla stato in dollari aumenta dai 5,8 trilioni del 2008 ai 14,3 trilioni del 2009, vale a dire dal 41% al 68% del PNL.
In altre parole non si vede all’orizzonte una fine a questa tendenza all’indebitamento statale.
A meno che non si taglino le spese o si aumentino sostanzialmente le tasse, non ci sarà mai nel prevedibile futuro un bilancio statale equilibrato e onesto.
Cifre da fare spavento
Ipotizzando che io viva altri 30 anni e segua i miei nonni che finirono nella tomba a 75, arriverò all’anno 2039. A quel punto, il debito federale, seguendo le proiezioni del CBO, avrà raggiunto il 91% del PNL.
Niente di cui preoccuparsi, rispondono gli economisti spendaccioni tipo Paul Krugman.
Nel 1945 la cifra era addirittura a livello 113%. Questi discorsi non mi convincono. 
Troppo grandi le differenze tra gli USA del 1945 e gli USA del 2039.
Il cancro del debito pubblico non potrà mai declinare
Consideriamo pure lo scenario prospettato dal CBO, il debito potrebbe toccare il 215% nel 2039.
Ciò significa più del doppio della produzione totale annua dell’intera nazione americana.
La crescita annua prevista del PNL secondo il CBO sarà del 2,3% per i prossimi 30 anni.
L’implicazione è pertanto chiara, e ci garantisce che, sotto nessun plausibile scenario, il cancro del debito pubblico americano declinerà.
Assicurazioni e sistema sanitario
Un altro buon esercizio è quello di calcolare il presente valore netto delle Assicurazioni Locali (Social Securities, prive di fondi a copertura) e del sistema sanitario (Medicare System).
Una recente stima valuta tutto questo a 104 trilioni, ovvero 10 volte il debito dello stato federale sopra accennato.
Non sudate, calmatevi! rispondono i keynesiani, Possiamo finanziare facilmente quella cifra di
1 trilione di US$/anno di nuovo debito governativo.
L’esempio drammatico del Giappone è sotto gli occhi di tutti
Ma, se guardiamo a cosa è successo in Giappone, c’è poco di che stare allegri. 
I privati proprietari di case, e le istituzioni finanziarie private, hanno finanziato l’esplosione del debito pubblico nipponico (oltre il 200% del PNL) durante le due decadi perdute di crescita zero, iniziata col 1990. E in America siamo messi ancora peggio.
Scarso interesse della gente per i fondi pubblici
I privati americani hanno venduto Buoni del Tesoro su scala massiccia nel secondo quadrimestre del 2009, mentre gli acquisti di Mutual Funds sono stati modesti (142 miliardi), e gli acquisti di Fondi Pensioni e di Fondi Assicurativi sono stati addirittura triviali (12 miliardi e 10 miliardi rispettivamente).
La chiave di tutto è rappresentata dunque dalle banche.
Gli unici clienti di rilievo sono la Federal Reserve e gli investitori stranieri
Correntemente, la quota bancaria destinata a mutui governativi sta all’incirca sul 13%, che è una quota storicamente bassa. Se tale quota tornasse al livello degli anni ’90, le banche potrebbero assorbire 250 miliardi di dollari/anno in acquisti di obbligazioni governative. Ma esiste un grande se.
Infatti, in ottobre (2009) le banche si sono liberate di tali obbligazioni. Il che significa che rimagono due potenziali compratori. La Federal Reserve, che ha assorbito la quota più grossa del secondo semestre, e gli investitori esteri, che hanno acquistato 380 milioni di dollari.
Per fortuna che c’è Pekino
Gli analisti della Morgan Stanley hanno fatto i loro bravi calcoli concludendo che, nell’anno finanziario che si chiude nel giugno 2010, ci potrebbe essere una caduta di domanda di 598 miliardi, circa un terzo delle nuove emissioni previste. Naturalmente, i nostri amici di Pekino potrebbero cavalcare e guidare il recupero, incrementando ulteriormente il loro già vasto capitale in debiti governativi USA.
Negli ultimi 5 anni hanno ammassato riserve internazionali denominate in dollari per cifre sbalorditive e mai viste, soprattutto come intervento strategico a impedire che la valuta cinese (lo Yuan) si apprezzi contro il dollaro compromettendo le loro esportazioni.
La Casa Bianca non sta più a Washington, ma a ridosso della Grande Muraglia
Al momento attuale, la Repubblica Popolare Cinese detiene il 13% delle obbligazioni statali e delle banconote americane. Al culmine di questo processo di accumulazione riserve nel 2007, la Cina stava assorbendo qualcosa come il 75% delle emissioni obbligazionarie del governo americano (come dire quasi che la Casa Bianca, più che a Washington, sta a Pekino).
Pagare il 7% del PNL ogni anno, a titolo di interessi, sarebbe cosa gravissima e insostenibile
Ma, nel mondo della finanza internazionale, non esistono regali.
Se questa tendenza dovesse continuare, il deficit corrente del Tesoro USA potrebbe salire al 15% del PNL per il 2030, e l’indebitamento col resto del mondo potrebbe toccare il 140% del PNL.
In tale scenario gli USA dovrebbero sborsare qualcosa come il 7% del PNL ogni anno ai creditori esteri, per soddisfare i debiti americani contratti fuori dagli States.
E’ realistico pensare che tutto ciò avvenga? Ho i miei dubbi.
Lamentele dei cinesi e deprezzamento progressivo del biglietto verde
Intanto i cinesi si stanno già lamentando per l’eccesso di dollari in loro possesso.
In secondo luogo un significativo deprezzamento del dollaro sembra più probabile, dal momento che gli USA stanno sfruttando al massimo il loro privilegio mondiale, unico ed esclusivo, di indebitarsi nella propria valuta, per cui possono stampare denaro a piacimento, secondo le scelte operate finora dalla Federal Reserve.
La coerenza di Krugman come economista va sotto i tacchi
Ora, voglio citare una frase importante: La mia previsione è che i politici saranno tentati di risolvere la crisi fiscale nel solito irresponsabile modo prescelto normalmente dai governanti, e cioè quello di stampare facile denaro, sia per soddisfare le spese correnti e le scadenze urgenti, che per inflazionare (e abbassare il vecchio debito globale), facendo uno sconto enorme e comodissimo ai propri debiti.
E’ una frase condivisibile, trasparente e ragionevole. La cosa sorprendente è che a pronunciarla nel marzo 2003 non fu Fidel Castro ma lo stesso Krugman, il più rappresentativo dei profeti keynesiani.
Un anno dopo, egli comparava il deficit USA (che era arrivato al 4,5% del PHL) a quello fallimentare dell’Argentina.
Cambio di partito e cambio di teorie
E’ forse la situazione economica cambiata così drasticamente, per far sì che lo stesso Krugman ritenga oggi che siano stati i deficit di bilancio a salvare gli USA, e che servano deficit ancora più pesanti per gli anni a venire? Forse l’America è davvero cambiata. Nel senso che è cambiato il partito al potere.
Le due soluzioni finali sono il fallimento o una spirale inflazionistica che annienta i vecchi debiti 
La storia insegna che ogni massiccia crisi finanziaria viene seguita da massicce crisi fiscali.
Al verificarsi di queste esplosioni debitorie, sono solo due le cose che possono succedere: un fallimento valutario (quando il debito è in valuta straniera), o una spirale di alta inflazione che manda i creditori fuori giri, facendo dimagrire spaventosamentre il loro credito.
Un po’ la situazione tedesca con cartoline dal francobollo di 1 milione di marchi.
Si profila un evidente declino imperiale
La storia di tutti gli imperi europei è colma di episodi di questo genere.
Fallimenti seriali e inflazione alta sono sintomi sicuri di un declino imperiale.
Nel caso dell’America è improbabile un fallimento sui propri debiti, visto che essi sono tutti in dollari, e visto che siamo bravissimi a stamparne sempre di nuovi.
I giochini della FED portano la gente a rifugiarsi sull’oro
La questione chiave allora è se andremo a finire con la FED che stampa denaro, che compra obbligazioni del Tesoro nuove di zecca pagandole con banconote nuove di zecca, e con la solita solfa dei prezzi che vanno alle stelle, mentre le situazioni debito-creditorie si sbriciolano e si dissolvono.
E’ uno scenario che molti investitori nel mondo temono.
Questo è il motivo per cui si stanno liberando della nostra valuta e vendono volentieri i dollari accumulati, preferendo rifugiarsi nel più sicuro oro.
Non prevedo affatto un periodo di stagflazione
Dal mio punto di vista, l’inflazione resta una prospettiva piuttosto remota.
Con la disoccupazione sopra il 10%, coi sindacati deboli e divisi, con grosse capacità manifatturiere sottovalutate, non esistono le pressioni adatte a portare a una stagflazione stile anni ’70, con bassa crescita e prezzi alti.
Timori per un insidioso aumento del tasso di interesse reale

C’è semmai un altro scenario, che per altri versi è ancora peggiore di quello inflattivo.
Possiamo infatti trovarci di fronte a un aumento del tasso di interesse reale (che è dato dal tasso di interesse sottratto del tasso di inflazione).
Secondo le ricerche empiriche di diversi economisti come Peter Orszag (dell’Office of Management and Budget), aumenti significativi del tasso di indebitamento, rispetto al PNL, tendono a far lievitare il tasso di interesse reale.
L’ipotesi di interesse nominale in aumento e di inflazione decrescente
Uno studio recente ha concluso che un tasso del 20% di aumento del debito governativo, rispetto al PNL, potrebbe portare a un aumento di 20-120 punti base (cioè 0,2 – 1,2%) nel tasso di interesse reale.
Questo può succedere in uno dei 3 seguenti casi:

A) Il tasso di interesse nominale aumenta e l’inflazione resta stabile.
B) Il tasso di interesse nominale resta stabile e l’inflazione decresce.
C) Il tasso di interesse nominale aumenta e l’inflazione decresce (ed è questo il caso peggiore).
Esempi del passato e di oggi dimostrano che il tasso reale può sfuggire di mano verso l’alto
Al momento attuale i keynesiani negano che questo possa accadere. 
Ma l’evidenza storica è contro di essi. Esistono diversi casi del passato, come quello della Francia anni ’30, dove gli interessi nominali aumentarono persino in periodi di deflazione (o di diminuzione inflattiva).
Questo fenomeno sta pure accadendo ai giorni nostri in Giappone.
La scorsa settimana il ministro nipponico delle finanze Hirohisa Fuji ha ammesso le sue preoccupazioni sul recente aumento dei tassi di interesse dei fondi governativi Japan Bond Yields, riconoscendo che il Giappone era di nuovo in situazione deflattiva dopo 3 anni di modesti incrementi nei prezzi.
Questo significherebbe un costo del denaro più alto e una crisi disastrosa
Non è affatto garantito che la stessa cosa non possa succedere in America.
Gli investitori stranieri potrebbero benissimo chiedere un aumento nominale del tasso di interesse dei Buoni del Tesoro, a compenso del dollaro in fase calante.
E l’inflazione potrebbe continuare a sorprenderci in fase di caduta. 
Dopotutto, l’inflazione dei prezzi al consumo è attualmente su valori negativi.
Perché dovremmo temere un aumento dei tassi di interesse reale in accoppiata con l’inflazione?
La risposta è che, per un governo pesantemente indebitato, e per una popolazione ancor più pesantemente indebitata, ciò significherebbe un costo del denaro ricevuto in prestito ancora più alto.
Se cala la credibilità l’intero paese sprofonda
Già gli interessi passivi del governo federale sono previsti in salita dall’8% del 2009 al 17% del 2019, persino se i tassi restano bassi e la crescita riprende.
Se i tassi aumentano leggermente e l’economia boccheggia, gli interessi stanno poco ad andare al 20%, e la storia insegna che, quando spendi il 20%, ossia un quinto delle tue entrate, per pagare il debito pubblico, sei con un piede nella fossa.
E’ troppo facile ritrovarti in un circolo vizioso di diminuita credibilità. Gli investitori non credono più alle tue effettive capacità di far fronte ai tuoi debiti, e così caricano interessi passivi ancora più alti, rendendo la situazione ancora più insostenibile.
Questo discorso vale sia per i paesi piccoli che per le superpotenze.
Siamo dunque di fronte al declino dell’Impero Americano
Il pagamento di interessi passivi si mangia parte del bilancio statale e parte della famosa torta.
Alla fine, lo stato deve ricorrere al taglio delle spese militari.
Prova ne è che, nei presenti piani del Pentagono, le spese per la difesa sono fissate in diminuzione rispetto all’attuale livello del 4%, scendendo al 3,2% del PNL nel 2015 e al 2,6% per il 2028.
Questo significa chiaramentre il declino dell’impero.
Ridurre le spese militari significa perdere la leadership mondiale
Si comincia con una esplosione del debito e si finisce con una inesorabile riduzione delle riserve per le Forze Armate, per la Marina e l’Aviazione.
Questi sono i motivi per cui gli elettori americani hanno ragione a preoccuparsi della crisi debitoria degli Stati Uniti.
Il 42% degli americani sostiene che il taglio netto del deficit alla metà del suo importo, entro la fine della prima amministrazione Obama, dovrebbe essere il più importante compito del governo.
Una percentuale molto più alta di quel 24% che sostiene essere la riforma sanitaria la priorità assoluta del paese.
Se non si parifica il bilancio nel giro di 5-10 anni, andremo verso una inesorabile caduta
Ma il dimezzamento del debito pubblico non è sufficiente.
Se gli USA non riescono ad elaborare un piano credibile di ripristino dell’equilibrio, con parità tra entrate e uscite nel budget federale nel giro di 5-10 anni, il pericolo che la crisi debitoria porti a un irreversibile indebolimento del potere americano nel mondo diventa assai concreto.
La storia è piena di significativi esempi
La monarchia spagnola fallì su tutti i suoi debiti 14 volte tra il 1557 e il 1696, e dovette pure soccombere alla scoperta dell’argento nell’America Latina.
La Francia pre-rivoluzionaria spendeva il 62% delle entrate reali in interessi passivi nel 1788.
L’Impero Ottomano si frantumò nello stesso modo, con interessi privati e ratei di ammortamento che aumentavano dal 15% del budget nel 1860 al 50% nel 1875.
Per non dimenticare l’ultimo Impero Britannico, che negli anni interguerra consumava ed erodeva il suo budget con interessi passivi del 44%, impedendo il suo riarmo di fronte alla minacciosa crescita della Germania Nazista.
L’aritmetica fatale della sconfitta
Possiamo inquadrare benissimo tali casi come esempi di aritmetica fatale dei declini imperiali.
Senza una radicale riforma fiscale, tale perverso meccanismo potrebbe trovare il suo prossimo cliente proprio negli Stati Uniti d’America, è la preoccupata conclusione del professor Tisch.
Per capire le guerre studia bene chi le fomenta                           
Per capire l’economia studia le depressioni economiche, dice Bernake?
Per capire le guerre studia bene chi le fomenta, le stimola e le manovra, aggiungiamo noi.
Dalle atomiche sulle città giapponesi, al napalm sui villaggi vietnamiti, ai proiettili all’uranio dei Balcani (con molti militari italiani finiti malissimo), al fosforo sulle città irachene, ai gas nervini forniti a Saddam prima di scalzarlo ed impiccarlo, alle armi terroristiche dell’Aids promosse da ex-presidenti come Clinton, e dei vaccini Tamiflu prodotti da suoi ministri come David Rumsfeld, sfruttando governi e ministeri fantoccio di 200 repubbliche mondiali delle banane.
Occorre sempre rispettare l’identità e la cultura dei popoli
Questa è, ci spiace doverlo riconoscere, l’America odierna, un paese che pretende di controllare i destini del mondo e di imporre, con le buone o le cattive, i suoi diktat e il suo modello di civiltà.
Anche in Afghanistan, come in Iraq, gli americani pretendono di imporre i loro schemi, con la 
Coca-Cola al posto delle spremute di melograno, e coi fast-food al posto dei mercanti di meloni e di datteri. 
Il terrorismo stile Bin Laden, e le intemperanze stile Khomeini, si combattono sul piano culturale e su quello della diplomazia, disattivando sì con efficacia il terrorismo, ma rispettando in ogni caso l’identità e la cultura dei popoli. L’esempio dell’Unione Sovietica, sbriciolatasi per implosione ideologica, pare non aver insegnato nulla all’America.
L’America sta commettendo dei gravi errori di pensiero, di calcolo e di azione
In Afghanistan, l’America non opera in difesa della pace, della civiltà e del progresso, ma sta invece compromettendo irreparabilmente la convivenza pacifica tra Occidende e Oriente. 
Tutto questo non certo in nome di sani principi e di superiori ideali, ma solo per la sua crescente fame imperialistica.
Clinton, Gates, Soros, Rumsfeld, Monsanto, Smithfield e Rockefeller, non hanno niente di meglio e di più civile, rispetto ai cammellieri e ai beduini del deserto
Non solidarizziamo in alcun modo coi Talebani che cannoneggiano i templi buddhisti, con le bande terroristiche che organizzano attentati, coi paesi insidiosi ed illiberali tipo la Korea e l’Iran, o con regimi tardo-comunisti di alcun genere.
Nessun antiamericanismo preconcetto e di maniera.
Non siamo affatto nemici dell’America nell’assieme, grande paese tuttora ricco di valori e non solo di magagne.
Ma questo non ci impedisce di esprimere la nmostra disaffezione verso quanto sta accadendo.
Non è questione di destra e sinoistra, ma è questione di coscienza
Non occorre nemmeno appellarsi a concetti tipo destra, sinistra o centro, per convenire sul fatto che i soldati italiani, indipendentemente dallo spirito che anima le loro missioni, non siano oggi da quelle parti per la difesa della libertà e della democrazia, ma solo per la difesa degli ideali di dominio mondiale di gente come Clinton, Gates, Soros, Rumsfeld, Obama, Monsanto, Smithfield e Rockefeller, che per molti aspetti nulla hanno di meglio e di più civile dei cammellieri e dei beduini dell’Afghanistan. 

Valdo Vaccaro – Direzione Tecnica AVA-Roma e ABIN-Bergamo

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