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sabato 9 ottobre 2010

Draghi: i cambi ostacolano la ripresa

 Il sole 24 ore - Rossella Bocciarelli - 9 Ottobre 2010
WASHINGTON. Dal nostro inviato
«Non c'è nessuna guerra delle monete. Ci sono dei forti disallineamenti sul mercato dei cambi, che certamente ostacolano la ripresa dell'economia mondiale e che vanno quindi affrontati e risolti».
Il governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial stability board Mario Draghi interviene e puntualizza su quell'allarme lanciato dal ministro delle finanze brasiliano, Guido Mantega, in una pausa degli incontri che si svolgono al Fondo monetario. Ieri sui mercati si sono verificate nuove tensioni: lo yen ha toccato il massimo da 15 anni sul dollaro sotto quota 82 mentre si è confermata la debolezza del rapporto di cambio tra il biglietto verde e lo yuan cinese (ma anche verso la nostra moneta: verso l'euro, il deprezzamento del dollaro è stato pari a circa l'8% nel solo mese di settembre).

Da banchiere centrale europeo, Draghi ha smorzato i toni di quel confronto implicito con la rigidità della politica valutaria cinese che fa da sfondo alle discussioni fra i Grandi. Anzi, ha lanciato un monito sulla necessità di trovare soluzioni per non compromettere la fragile ripresa in corso, badando però ad evitare involuzioni protezionistiche: «Dobbiamo fare attenzione – ha sottolineato – al fatto che i rimedi non siano peggiori del male».
Sul supereuro e sulla Cina, del resto, è intervenuto anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nel corso di alcune interviste televisive: «La Cina ci ha detto con onestà: abbiamo bisogno di un cambio basso, perché, se non esportiamo, il sistema si ferma e la Cina si ferma con i disordini sociali. Per noi europei invece il problema è trovare un giusto equilibrio fra una moneta solida e una moneta che permette di esportare le nostre merci». Il ministro, che all'ora di pranzo ha visitato l'Università di Yale, dove ha discusso con gli insegnanti della scuola di legge di problemi dell'exit strategy, ha colto ieri l'occasione anche per rimarcare che «bisogna venire in America per sentir parlare dell'Italia con equilibrio. Ci sono state e ci sono - ha messo in rilievo - difficoltà ma anche opportunità e prospettive. Il giudizio dell'Fmi sulla politica italiana è di prudente tenuta». In tema di nuove regole per la finanza, secondo il ministro esse non devono interessare solo l'aspetto della proprietà, ma anche «la trasparenza, che è anch'essa parte vera del capitalismo». 
Quanto a Draghi, il presidente dell'Fsb è intervenuto alla conferenza internazionale organizzata presso il Peterson Institute, per sottolineare, in vista del G-20 dei capi di Stato e d governo di Seul, come, dal punto di vista dell'efficacia dell'intero processo di riforma del sistema finanziario, sia essenziale il ruolo della politica. I progressi fatti per le riforme dei mercati finanziari a livello internazionale sono incoraggianti ma restano questioni importanti da affrontare, ha spiegato ed è «la politica che determinerà il successo di riforme credibili e robuste che tutti i nostri cittadini giustamente chiedono e se riusciremo a preservare gli enormi vantaggi di un sistema finanziario integrato a livello internazionale».
Sul piano dei contenuti dell'intero impianto della riforma, il Governatore ha sottolineato che, se è vero che la riforma di Basilea 3 «rafforza la resistenza del sistema finanziario» essa tuttavia non affronta ancora il problema del "too big to fail", cioè di quelle istituzioni creditizie ritenute troppo grandi per fallire e in grado, quindi, di condizionare, con la loro rilevanza sistemica le scelte dei governi; un problema, ha spiegato Draghi, che probabilmente è l'eredità della crisi e che pone oggi le maggiori sfide». «La direzione in cui ci stiamo muovendo a livello internazionale - spiega - è incoraggiante, ma importanti problemi restano».
Rispondendo alle domande di economisti e banchieri che erano venuti ad ascoltarlo, Draghi ha spiegato che dopo Basilea 3 ci sono «altre aree dove dobbiamo fare lo stesso tutti insieme, altrimenti gli sforzi saranno resi nulli»: il riferimento di Draghi è in primo luogo ai derivati, per i quali lo sforzo è di arrivare a una piattaforma centralizzata come controparte degli scambi, ma anche alle agenzie di rating, per le quali l'obiettivo è ridurre la dipendenza dalle loro pagelle nel prendere decisioni da parte delle istituzioni creditizie e dei mercati. Infine, gli sforzi comuni andranno concentrati sul sistema bancario- ombra, per il quale la priorità è accrescere conoscenza del funzionamento e trasparenza operativa, prima ancora di prendere decisioni regolamentari.
A chi gli chiedeva delle interferenze politiche che possono limitare l'azione di regolamentazione nei confronti delle istituzioni finanziarie troppo grandi per fallire, Draghi ha risposto che il ruolo del Financial stability board è quello di «preparare una bozza di regolamentazioni che elimini molte delle incongruenze». Mentre nei confronti delle interferenze delle politiche nazionali «non possiamo fare molto» e d'altra parte questo, ha concluso il Governatore «fa parte del funzionamento della democrazia».
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